LiDAR vs Fotogrammetria: confronto con DJI Matrice 400 e L2 per la generazione di un DTM

LiDAR vs Fotogrammetria: confronto con DJI Matrice 400 e L2 per la generazione di un DTM

L’evoluzione della tecnologia drone consente oggi di scegliere tra approcci molto diversi per la generazione di modelli digitali del terreno (DTM).

Abbiamo messo a confronto due rilievi eseguiti nello stesso sito, con la stessa piattaforma ma metodologie differenti: un Matrice 400 con sensore DJI L2 impiegato in modalità LiDAR puro, e lo stesso sistema utilizzato invece in modalità fotogrammetrica, sfruttando esclusivamente la camera RGB e disattivando la parte LiDAR.

L’obiettivo era valutare la resa delle due tecniche nel restituire un DTM ricco e accurato, soprattutto in aree con presenza di vegetazione.

Parametri di volo 📊

  • Rilievo LiDAR: eseguito con Matrice 400 e DJI L2 a un’altezza di volo di 40 metri e velocità di 5 m/s.
  • Rilievo fotogrammetrico: eseguito con Matrice 400 e DJI L2 in sola modalità RGB a 40 metri e velocità di 3 m/s, con sovrapposizione frontale dell’85% e laterale dell’80%.

Entrambe le missioni sono state pianificate per ottenere dati di alta qualità, ma con logiche differenti: la fotogrammetria richiede un overlap molto elevato per garantire la ricostruzione 3D, mentre il LiDAR, basandosi su impulsi laser, non necessita di ridondanze così spinte.

L’area scelta per il rilievo presentava una vegetazione fitta di livello medio-alto, caratterizzata dalla presenza sia di piante basse che di alberi più alti, condizione ideale per testare le due tecniche.

LiDAR vs Fotogrammetria: confronto con DJI Matrice 400 e L2

Differenze di principio 🆚

Il divario tra i due metodi nasce già dal funzionamento:

  • Fotogrammetria: ogni punto tridimensionale è ricostruito a partire da più immagini che devono inquadrare lo stesso dettaglio. Perché un punto al suolo sia calcolato, deve risultare visibile da diverse angolazioni. La vegetazione diventa quindi un ostacolo: se le chiome coprono il terreno, difficilmente le immagini riescono a “vedere” il punto da prospettive diverse.
  • LiDAR: il sensore emette migliaia di impulsi laser al secondo. Ogni raggio ha un diametro infinitamente più piccolo del pixel di una fotocamera e può penetrare tra le aperture delle foglie. Basta che un singolo impulso raggiunga il terreno e venga riflesso indietro per registrare un punto valido. Per questo motivo le nuvole di punti LiDAR risultano molto più ricche di informazioni a terra.
DJI Matrice 400 con L2


Risultati del confronto 🗳️

Il confronto diretto dei dataset ha messo in luce differenze nette:

  • La nuvola fotogrammetrica prodotta con Matrice 400 e L2 (camera RGB) è risultata molto dettagliata nelle aree prive di vegetazione, con un’ottima definizione fotorealistica delle superfici. Tuttavia, nelle zone boscate o ricoperte da vegetazione fitta, i punti al suolo erano estremamente scarsi, rendendo il DTM frammentario.
  • La nuvola LiDAR generata dal Matrice 400 con L2 ha mostrato invece una copertura omogenea, con un numero di punti al suolo nettamente superiore. Il DTM derivato è risultato continuo, privo di lacune anche sotto chiome dense, restituendo una rappresentazione molto più fedele della morfologia del terreno. Solo in presenza di rovi particolarmente fitti il laser non è riuscito a raggiungere il terreno, creando piccole zone d’ombra nei dati.



Come migliorare la fotogrammetria 🏆

Pur con i suoi limiti, la fotogrammetria può essere ottimizzata. Una tecnica consiste nell’affiancare al volo nadirale anche acquisizioni oblique a 60° in quattro direzioni. In questo modo aumenta il numero di immagini che riescono a “intravedere” il terreno attraverso aperture nella vegetazione. Sebbene questa soluzione migliori il DTM, i risultati restano comunque inferiori a quelli ottenuti con il LiDAR.

Sovrapposizioni e densità di punti ➡️

Nel rilievo fotogrammetrico è stato necessario adottare un overlap dell’85% frontale e 80% laterale. Per il LiDAR, invece, valori di sovrapposizione inferiori, ad esempio 50–60%, risultano spesso sufficienti, soprattutto se l’obiettivo principale è il DTM in aree boscate. In questi casi, una copertura da più direzioni aumenta la probabilità che i raggi penetrino tra le chiome e raggiungano il suolo, arricchendo ulteriormente la nuvola di punti.



Conclusioni

Il test ha confermato un punto chiave: se l’obiettivo è generare un DTM affidabile sotto vegetazione, il LiDAR rappresenta la soluzione più efficace. La fotogrammetria rimane un metodo prezioso per la ricostruzione fotorealistica e dettagliata delle superfici, ma incontra limiti evidenti in presenza di copertura vegetale.

L’impiego della stessa piattaforma, Matrice 400 con DJI L2, usata prima in modalità LiDAR e poi solo RGB, ha permesso di valutare senza compromessi le due metodologie. Il LiDAR ha mostrato una densità e una continuità di punti a terra ineguagliabile, mentre la fotogrammetria si è distinta nelle aree libere da ostacoli, dove ha restituito un livello di dettaglio visivo superiore.

La scelta finale dipende quindi dagli obiettivi del progetto:

📏 Precisione del terreno sotto vegetazione = LiDAR
📺 Modello ad alta definizione visiva = fotogrammetria

La combinazione dei due approcci, dove possibile, rimane la soluzione più completa.

 

Alessandro Monti - Team Skycrab
Alessandro Monti

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